Racconti e immagini

07.05.2009: CANOVA - l'ideale classico tra scultura e pittura

Visita guidata alla Mostra
"CANOVA - l'ideale classico tra scultura e pittura"
e ad altri luoghi della città di FORLÌ


Al punto di ritrovo, il ponte di Schiavonia, siamo davvero in tanti. Dopo avere percorso alcuni vicoli del borgo e parte di corso Garibaldi, giungiamo davanti al complesso museale S. Domenico. Un breve saluto alla Direttrice della Pinacoteca e del complesso, dr.ssa Luciana Prati, e poi l'incontro con le due bravissime guide, che ci illustreranno la mostra: Serena TOGNI e Lisa RODI. Ci contiamo: siamo oltre la sessantina, ma alla fine riusciamo ad entrare tutti nei due gruppi prenotati, visto che fortunatamente abbiamo scelto un giorno dove non c'è l'alta affluenza di visitatori dei fine settimana.

Le guide ci dicono che Forlì e le Romagne (come, prima dell'Unità d'Italia, era denominata una gran parte dello Stato Pontificio, da Rimini a Ferrara) furono luoghi fondamentali per Antonio Canova (nato a Possagno nel 1757, morto a Venezia nel 1822). La Mostra "Canova: l'ideale classico tra scultura e pittura" è la più impegnativa e completa esposizione sino ad oggi dedicata al maestro e oltre alla scultura ne esalta anche la pittura, che per lui era un modo di tenersi sempre in "allenamento" artistico. Attraverso una serie di capolavori, l'esposizione ripercorre l'intera carriera di colui che all'epoca venne definito "moderno Fidia" e in questa mostra sono messe a confronto le sue opere con alcune opere di altri artisti a lui contemporanei. Sono proposti anche alcuni alti confronti con Raffaello e Tiziano e altri capolavori di quell'ideale classico che fu fonte di ispirazione per molti artisti tra la fine del 1700 e l'inizio del 1800.

A Forlì, Canova creò tre capolavori: innanzitutto una versione di Ebe (coppiera degli Dei), una delle sue opere più popolari, realizzata tra il 1816 e il 1817 per la contessa Veronica Guarini; a precedere Ebe, nel 1814, fu la Danzatrice col dito al mento, destinata al banchiere faentino Domenico Manzoni e andata dispersa dopo la morte del proprietario, per il quale il Canova ideò la delicata stele funeraria che è ancora conservata a Forlì, nella chiesa della SS. Trinità.

Il confronto tra le due diverse versioni di Ebe presenti alla mostra, quella di Forlì (dalla tonalità più calda, più ardita nel panneggio e nei monili) e quella prestata dall'Ermitage di San Pietroburgo dove il marmo è più candido (ripulito!) e la figura è rappresentata su una nuvola, appartenuta all'Imperatrice Giuseppina moglie di Napoleone, evidenzia come il grande scultore seppe trasporre nel marmo l'audace motivo della figura in volo. Per capire la nascita di questi capolavori, nella mostra la prima e la seconda Ebe sono state collocate in sequenza con due capolavori della scultura: l'antica Arianna con la pantera, oggi al Museo Archeologico di Firenze, e la straordinaria Danzatrice di Tivoli, opera di ispirazione fortemente ellenistica. E ancora, in un accostamento mozzafiato, il bronzo raffigurante il Mercurio volante del Giambologna, capolavoro dello scultore cinquecentesco. Alle pareti, le diverse rappresentazioni di muse e altre figure femminili creano un fantastico gioco di rimandi tra la pittura e la scultura, in un'originale gara fra la due arti in cui, proprio la scultura, grazie alla maestria di Canova, risulta prevalente. La grandezza di Canova, già in vita celebrato come uno dei più grandi scultori di tutti i tempi per avere riportato nel mondo la perfezione della scultura greca, è testimoniata da prestiti eccezionali, come i due colossali Pugilatori dei Musei Vaticani, la Venere Italica degli Uffizi e le rappresentazioni di Amore e Psiche, che le guide Serena e Lisa ci hanno sapientemente illustrato.

Davvero interessante la sosta al "Laboratorio di scultura", allestito dall'Istituto d'Arte di Forlì acquisendo in prestito da Pietrasanta (nota cittadina della Versilia dove ferve la lavorazione del marmo, nonché sede di una delle sezioni U.O.E.I.!) strumenti antichi ed attuali della professione dello scultore. Il prof. Ivo Gensini illustra come si passa dal bozzetto, plasmato in argilla dallo scultore, alla realizzazione in laboratorio dello stesso soggetto, molto più grande e in marmo; così capiamo perché nelle sculture canoviane sono presenti tanti "chiodini"! Poi usando blocchi di marmo ci illustra le tecniche per scolpirlo.

Usciti da S. Domenico, raggiungiamo la Chiesa della SS. Trinità, per vedere la stele marmorea dedicata al faentino Domenico Manzoni, abile affarista arricchitosi soprattutto con gli ammassi del grano (operazione che, in epoca di carestie, non lo fece certo benvolere, tanto che fu assassinato in una serata mentre si recava a teatro, vicino a dove oggi a Forlì sorge la Torre civica): e ancora l'opera del Canova ci è introdotta dalla spiegazione di Serena Togni.

Diamo poi una rapida scorsa al Palazzo dell'ex Monte di Pietà, interessante edificio cinquecentesco che vide la strage nota come il "Guasto degli Orsi" provocata da una furente Caterina Sforza, la "Leonessa di Romagna". Ora il Palazzo ospita la Fondazione Carisp, promotrice delle Mostre in S. Domenico. L'ingresso, dove c'è un dipinto su legno scuro del Bibiena, e la facciata in cotto con tre ordini di capitelli che sintetizzano gli stili dorico, ionico e corinzio, ci vengono presentati da Simona Boron, con cui ci diamo appuntamento per un'ulteriore occasione, per vedere il piano "nobile" del palazzo e la grande sala dove è collocata "La madre" di Silvestro Lega.

Al termine dell'intenso pomeriggio di sole, in quarantacinque raggiungiamo la trattoria-pizzeria "Al Ponte" (viale Salinatore - tel. 0543 29448), dove chiudiamo l'incontro conversando e cenando con i piatti della cucina di tradizione della signora Franca (la pasta con maltagliati e fagioli, le classiche tagliatelle al matterello con ragù, l'arrosto di coniglio e pollo, le patate casarecce, ecc...)
Rosanna Gardella


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immagini di Raul Tassinari e Massimo Biraghi


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